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MARCO MANFREDIi


 


(foto per gentile concessione di Edoardo Fornaciari)

MARCO MANFREDI, IL RE DELLA TV NATO A RADIO PARMA

Il vice-direttore generale di Publitalia 80, gruppo Mediaset, vanta un'esperienza giovanile nella più longeva emittente libera italiana, che il 1° gennaio scorso ha festeggiato i 35 anni di attività

Può un guru della televisione parlare di radio? Certamente, se si tratta di Marco Manfredi, attuale vice-direttore generale di Publitalia 80, la concessionaria di pubblicità del gruppo Mediaset, che mosse, quasi per gioco, sul finire degli anni '70 i primi passi a Radio Parma, la più longeva emittente libera italiana che lo scorso 1° gennaio ha festeggiato i 35 anni di ininterrotta attività. Proprio questa ricorrenza è stata all'origine del nostro incontro e della piacevole chiacchierata, disponibile in file audio, di cui Vi proponiamo la trascrizione integrale.

Marco Manfredi, oggi è il vice-direttore generale, nonché direttore iniziative speciali, di Publitalia 80, gruppo Mediaset: è un'altra persona importante uscita dalla fucina di Radio Parma, frequentata sul finire degli anni '70...

“Sì, sono tra i ricordi più belli e di soddisfazione di quegli anni: anch’io ho l'esperienza fatta a Radio Parma, che festeggia un anniversario molto importante, perché 35 anni sono una bella data, è sicuramente maggiorenne, io lo sono di più ancora... All'epoca ero ragazzino, e devo dire che le prime emozioni importanti, sentendomi impegnato professionalmente, perché tale era l'atteggiamento nel tentare di dare a questa collaborazione un significato, ma poi anche la sensazione piacevole che l'utilizzo di un media come la radio, che entra in tutte le case dà ai protagonisti è sicuramente un bel ricordo.

Adesso mi occupo ancora di media, in particolare di televisione e non più di radio, però me ne occupo dall’altra parte, cioè non più davanti un microfono o una telecamera, ma dietro un microfono o una telecamera: insomma, avere avuto un'occasione all’epoca in qualche modo mi completa, mi fa sentire come se fossi stato nell’ambiente già da allora, anche se in realtà era un altro approccio, quello con cui avevo iniziato.”

Tra i complici dell'esperienza di allora Giuliano Molossi, direttore della Gazzetta di Parma, incontrato recentemente da broadcastitalia.it, che ha ricordato  i felici tempi di “Free music 102”...

“Tempi meravigliosi... Free Music 102 era un programma notturno, che praticamente chiudeva il palinsesto della giornata radiofonica: le conduzioni erano affidate a diversi protagonisti della radio, Dj o conduttori, a volte singolarmente, a volte in coppia, coppie che alle volte mutavano durante la serata in diretta. Ovviamente c'era musica, ma ognuno di noi esprimeva i propri gusti musicali, era molto interattiva, perché si lavorava molto con il telefono, quindi con le dediche e con le richieste, e, perché no, spesso con ospiti in studio, quindi con delle zingarate radiofoniche che erano anche divertenti: mi ricordo intrusioni, scherzi... Era un programma musicale, ma anche un varietà radiofonico: mi ricordo l'organizzazione, la preparazione, il tentativo di avere idee originali e di migliorarsi, o di superare gli exploit che colleghi o amici avevano raggiunto. Erano in tanti, all'epoca, che aspiravano di condurre questa rubrica, ed era una bella soddisfazione. Uscivo, il giorno dopo, e mi guardavo attorno per vedere se qualcuno aveva sentito la radio, se si era divertito con le nostre trovate e la nostra musica.”

Era una sorta di Radio Dee Jay ante-litteram?

“Se vogliamo definirla così, lo diciamo noi qui, senza offesa agli amici di Radio Dee Jay... Sicuramente c'era una intuizione: il progetto di quella fascia era nato per chiudere il palinsesto delle trasmissioni tradizionali, degli appuntamenti a tema, delle rubriche di informazione o musicali che si alternavano con i vari protagonisti. Era nata, probabilmente, per portare più all'interno della notte una chiusura prima di partire con i pizzoni notturni, ma poi si è riempita di contenuti anche grazie ai protagonisti, che effettivamente hanno portato un contributo con la propria personalità. Ricordo tantissimi amici: mi viene in mente Gastone Costa, senza fare altri nomi, perché la memoria un po'  tradisce. Mi ricordo che quando non facevo il programma mi faceva piacere ascoltare gli altri, ed era, all'epoca, un passatempo divertente, non soltanto per i coetanei. La città non dico che stesse sveglia per ascoltare Free Music, ma lo ascoltavano...”

Marco Manfredi, però, ha al proprio attivo anche alcune trasmissioni impegnate...

“Impegno nel senso di tentativo di dare un contributo, poi bisognerebbe ascoltare il giudizio del  pubblico... Negli anni abbiamo realizzato un programma che ha avuto una discreta continuità, che si chiamava Country Sound, che io conducevo in coppia o in alternanza con un mio carissimo amico e compagno di scuole di medie e di liceo, Francesco Monaco, oggi giornalista alla Gazzetta di Parma, ed era un programma specializzato di musica country e folk. Noi eravamo appassionati entrambi di  Crosby, Stills, Nash & Young, tanto per intenderci, e di tutto quello che aveva a che fare con la musica americana folk di quell'epoca, che per noi ha rappresentato la colonna sonora della nostra gioventù ed adolescenza, che probabilmente ci aveva arricchito e cercavamo di restituire qualcosa.

Conservo ancora qualche centinaio, anzi qualche migliaio di vinili, che custodisco gelosamente, perché sono ancora un patrimonio importante di quella passione, poi evoluta nel tempo, perché oggi non la sento così vicina: anche la musica, come tutte le cose, ti permette di approfondire altri generi e di avere conoscenze più ampie, pur senza rinunciare ad apprezzarla ancora, però i miei gusti non so se si sono evoluti, certo sono cambiati.

E poi l'altra cosa che ho fatto, divertendomi molto, devo dire, arricchendomi ancora di più, ed anche questa in collaborazione con un mio carissimo e fraterno amico, che è Lorenzo Molossi, fratello di Giuliano, oggi regista, vive a Roma, con una carriera importante nel mondo del cinema e della fiction, anche televisiva: insieme frequentavamo i teatri parmigiani e seguivamo la stagione di prosa, che si svolgeva tra il Regio e Teatro Due, che, all'epoca, cominciava già ad avere una discreta notorietà, non era ancora un teatro stabile, ma ospitava un cartellone molto importante. Da Parma sono passati Carmelo Bene, Manuela Kustermann, Paolo Poli, insomma dei grandissimi oltre ai tradizionali nomi della prosa... Non ricordo nemmeno come fosse nata questa cosa: se ci siamo proposti o in qualche modo è uscita l'esigenza, fatto sta che abbiamo fatto un paio di interviste prima o dopo una serata a qualche artista e di lì è nata una rubrica che Radio Parma ha ospitato per un discreto periodo di tempo, fatico a ricordare quanto, ma abbiamo fatto tre o quattro stagioni sicuramente, forse anche qualcuna di più, e dopo ogni titolo in cartellone proponevamo un'intervista coi protagonisti ed è stata una bella esperienza, perché ho conosciuto, in questo modo, tutti i grandissimi, molti sono ancora oggi in giro per i teatri,  con qualche anno in più, ma calcano tuttora i palcoscenici dei maggiori teatri italiani.”

Tanti vinili dell'epoca custoditi gelosamente: sarebbe bello ci fosse, tra un vinile e l'altro, qualche registrazione dei programmi di allora di Marco Manfredi, da poter inserire nella audioteca storica di broadcastitalia.it... A proposito: quanto è importante riproporre i documenti sonori di allora?

"E' una iniziativa che ammiro, apprezzo: devo dire che sono un po' un cultore del mantenimento e della salvaguardia del patrimonio storico, culturale, artistico di tutte quelle che sono le manifestazioni che in qualche modo hanno caratterizzato un'epoca e una società, perchè sono poi alla base di quello che è seguito e che oggi viviamo e fa parte del nostro costume. Quindi, oltre ad un certo senso nostalgico ed una timida sensazione che incute una piacevole nostalgia, portando con queste interviste il ricordo all'epoca, trovo che sarà anche interessante poter riconsultare, per chi l'ha vissuto, ed andare in qualche modo a visitare o a conoscere, per chi ha la fortuna di non avere ricordi così distanti nel tempo, il vostro archivio sonoro. Credo che sia una opportunità per attingere a un modello, che tra l'altro, nel caso di Radio Parma, è stato anticipatorio e sicuramente molto rappresentativo e di grande successo. Quindi io credo che sia una iniziativa che merita l'applauso ed il sostegno. Se troverò, non so dove, in qualche angolo di un solaio, qualche materiale dell'epoca che possa essere ancora utilizzabile e riproducibile sarà un piacere per me cercare di recuperarlo e mettervelo a disposizione."

Oggi Marco Manfredi è un pezzo grosso di Mediaset: quanto è stata importante l'esperienza a Radio Parma nella sua formazione personale, e l'emittenza radiofonica in generale per lo sviluppo della televisione commerciale?

“La mia attività, se non per un fatto, diciamo così, empatico, si è poi sviluppata su un fronte professionale completamente diverso da quella mia esperienza, passatemi il termine, artistica all’interno di Radio Parma: all'epoca il mio compito era quello di cercare di intrattenere il pubblico, con la mia musica, con i miei interventi, con i miei programmi, insieme, ovviamente, a tutti i colleghi; oggi, invece, mi occupo di un aspetto completamente diverso, che è quello che razionalizza l'attività ed il palinsesto televisivo e ne fa uno strumento di comunicazione per le aziende, quindi, in parole povere, mi occupo di pubblicità e dei contratti pubblicitari in particolare che legano gli investitori a Mediaset e gli investitori agli artisti di Mediaset con le campagne promozionali. Quindi, quando dico dietro le telecamere e dietro al microfono, mi riferisco al fatto che oltre a quelli che vanno in video esistono molte più persone, molte più figure professionali e specializzate che hanno ruoli diversi, che permettono che si accendano gli studi e che alcuni artisti fortunati ed in alcuni casi talentosi, altri meno, abbiano poi la possibilità di esibirsi e di entrare nelle nostre case.

Che dire? La mia formazione di allora mi ha sicuramente arricchito di curiosità verso l'ambiente e mi ha stimolato  una passione che ancora ho, che riguarda il mondo della comunicazione in generale. Non posso dire che sia stato un trampolino di lancio, perché oggi, per aver avuto quell'occasione, avrei dovuto essere al posto di Gerry Scotti o di un giornalista del Tg5, allora forse potrei dire che i banchi di scuola mi hanno portato bene, ma in realtà non so bene se ci ho provato o no veramente, anzi forse non ci ho proprio provato: quella era una passione giovanile ed era quasi un passatempo, quello che faccio oggi, invece, è un lavoro, un'attività professionale vera e propria.”

Una volta c'era una canzone: “Video killed the radio star”: in realtà la radio sta continuando a vivere, e lo chiedo proprio ad un uomo di televisione...

“Al di là del testo di questa famosissima e fortunatissima canzone, che tra l'altro ha una storia dietro, lo strumento radiofonico non svela completamente tutto, perché entra soltanto sollecitando una parte dei nostri sensi, in particolar modo ci permette di essere in sintonia e confidenza con i nostri intrattenitori radiofonici senza che reciprocamente si abusi dell'uno o dell’altro, perché si ascolta la radio senza essere obbligati a stare  seduti a fissarla e chi fa musica, attraverso la radio, e chi intrattiene, non ha nessun obbligo di apparenza, nessun obbligo di immagine: può essere in mutande a casa, e trasmettere con un ponte radio, dando la sensazione di essere in uno studio attrezzatissimo, però l'effetto rimane invariato. E' questo aspetto di estrema libertà e di estremo rispetto reciproco che indubbiamente affascina e permette alla radio di essere uno strumento insostituibile, soprattutto in macchina: oggi le auto portano anche la televisione, però per fortuna è uno strumento che si annulla, perché mentre stai viaggiando lo schermo sparisce. Insomma: tecnicamente la televisione esiste anche in auto, però la radio è il media per eccellenza del consumo in viaggio.

Io trovo che siano molti i protagonisti televisivi che hanno anche l'accesso alla radio e viceversa, cioè che spariscono dallo schermo, e quindi si tolgono dall'impegno dell'apparire, che si aggiunge a quello delle cose da dire e molto spesso danno una formidabile performance, ed estraggono dal cilindro delle loro capacità altri aspetti talentuosissimi e svelano una parte del loro talento artistico, ancor più ricco, ancor più interessante, di quello con il quale, magari, si sono affermati in tv. Sono tanti quelli che passano dalla radio alla televisione e dalla televisione alla radio, assolutamente senza subirne maltrattamenti e senza essere uccisi, e magari avendone una esaltazione. In alcuni casi, non so più ad esempio, se Gerry Scotti ha iniziato in radio e poi è andato in televisione e poi è tornato in radio, o se ha iniziato in televisione, per passare dalla radio e tornare in televisione, quindi di nuovo in radio. Oppure Federica Panicucci, ma sono tantissimi i nostri colleghi, oggi a Mediaset, che hanno due attività professionali e le sanno interpretare in virtù di quello che offre il media, che come ho tentato di spiegare prima hanno un diverso tipo di approccio e di fruizione. Per come la penso io non penso che sia assolutamente vero né che il video uccide gli artisti della radio e tanto meno che la radio possa subire degli effetti negativi dalla prevalenza televisiva.”

Il tuo rapporto con la radio oggi?

“Come dicevo prima è uno strumento che rispetto moltissimo e che mi è utilissimo: io, fra l'altro, viaggio parecchio, perché il mio ufficio e la mia sede operativa sono a Milano, da Milano a Roma mi sposto solitamente in aereo, ma da Milano a Parma, dove invece ho tutto –  perché la mia famiglia, i miei affetti, i miei interessi e tutto ciò che per me è importante è rimasto a Parma, dove ho il sarto, il dentista, il commercialista, etc., a Milano, invece, ho solo l'ufficio – mi capita di fare con frequenza quei 110 km fra il casello di Parma e quello di Milano Sud, sempre con la radio accesa. Quando la posso ascoltare, se non sono al telefono, perché in macchina, purtroppo, lavoro molto in quell’ora di spostamento, però la radio per me è molto importante, ho apparecchi in tutte le stanze della casa, c’è anche lì, e mi capita di ascoltarla in tutte le ore della giornata...”

Che radio ascolti?

“Spazio moltissimo perché vado alla ricerca di quello che mi incuriosisce: ascolto molto Radio 24, sento, per ragioni professionali, R101 perché lì ci sono tutti gli amici che lavorano con me e mi  incuriosisce; alla mattina, appena sveglio, ascolto spesso RDS, perché c'è un avvio abbastanza simpatico, o Radio Dee Jay. Devo dire che ascolto anche le radio ufficiali, le radio di stato, come Radio Rai ed i suoi programmi sportivi della domenica, quando sono in trasferimento. L'appuntamento con “Tutto il calcio minuto per minuto” mi intriga sempre: se non ho davanti una piattaforma televisiva che mi consente la fruizione, la radio è uno strumento che mi piace sempre.”

L'epoca d'oro delle radio locali – soprattutto a Parma – è ormai un lontano ricordo...

“Questa considerazione va fatta, ma non con spirito di eccessiva amarezza. E' una constatazione, un fatto, ci sta nei cambiamenti delle cose. Oggi le piattaforme di fruizione media, video, quindi di immagine o semplici informazioni audio, si sono moltiplicate per1000. E le nuove generazioni, soprattutto, hanno canali di fruizione differenti da quelli tradizionali, che diventano soltanto integrativi. Quindi, in qualche modo, credo che questo spieghi la cosa, anche se sono convinto che restino strumenti insostituibili tutti i media locali in tutte quelle circostanze in cui eventi locali, l'attività locale, e quindi gli episodi e le situazioni di socialità, di ricorrenza, istituzionali e tutto quello che ha a che fare con le tradizioni locali, vengono in qualche modo approfondite, come lo possono fare i media locali, quindi la radio e le televisioni locali, come non riescono a farlo i  nazionali. E' un po' come quando la stampa estera si occupa dei fatti di cronaca o di politica italiani e poi traggono le loro conseguenze, a volte citati dalla stessa stampa italiana come organi di riferimento, quando quasi sempre sono giornalisti che scrivono vivono qui, ma ai margini della realtà e delle situazioni e quindi raccontano cose che il più delle volte sono mediate dall'interpretazione, così pure a livello locale, quando i media nazionali si occupano di eventi che hanno una forte caratterizzazione locale, evidentemente l'informazione passa, ma gli approfondimenti che localmente i professionisti sono in grado di offrire sono veramente insostituibili. Quindi è evidente che c'è una fruizione diversa, perché i numeri si sono un po' polverizzati, ma questo avviene per la pluralità dell'offerta che si è fortemente arricchita. Le televisioni nazionali, diciamo i sette network, avevano fino a poco tempo fa il 92-93% dello share televisivo nel prime time, e spesso anche di più, il 94 o il 95, oggi siamo attorno all'80%, che è sempre una cifra importantissima, cioè la stragrande maggioranza, ma si sono aggiunti i consumi frazionati e polarizzati delle varie piattaforme televisive digitali e satellitari, che hanno accresciuto la propria capacità di penetrazione e di interesse e quindi si sommano negli ascolti a ricostruire un cento, ma con una diversa fruizione. Quindi occorre confrontarsi. Altra cosa che posso dire è che a volte non bisogna fermarsi nel ricordo nostalgico dei bei tempi, ma bisogna offrire qualcosa che possa diventare d'interesse e quindi arricchire la propria offerta, irrobustirla o renderla appetibile è un buon modo attivo e non passivo, di rimanere in contatto con la realtà locale, con le varie fasce d'età e quindi con le varie abitudini e con i vari comportamenti e mantenere quindi anche una posizione, non tanto rallentare l'erosione, ma conquistarsi un pubblico in virtù delle proprie capacità e peculiarità.”

Torniamo al passato: qualche aneddoto del tempo che fu?

“Stiamo parlando di radio, non ha senso parlare di televisione se non fosse per il fatto che io oggi mi occupo appunto di televisione, però in passato ho collaborato anche a Tv Parma, in parallelo alla radio e tra le tante cose che facevamo molto spesso per noi c'era anche il compito di leggere il notiziario, questo lo abbiamo fatto in televisione, ma anche con i notiziari radiofonici e ricordo un episodio che citiamo spesso con Giuliano Molossi: allora eravamo studenti, quindi l'approccio, per quanto professionale, passava sempre attraverso un certo atteggiamento goliardico e ricordo che ci trovavamo per l'aperitivo in un bar del centro e ci guardavamo, tutti e due scamiciati, se era per la televisione, ma sarebbe stato lo stesso problema per il notiziario radiofonico e l'un l'altro ci ricordavamo che dovevamo andare a leggere il telegiornale. Poi telefonavamo in redazione e quello dei due che non si ricordava andava a casa a mettersi una cravatta, piuttosto che riordinarsi per andare a leggere il menabò con le notizie e con le veline e poi prepararsi per l'edizione, arrivando sempre all'ultimo istante. Questa è una cosa che succedeva spessissimo; in più, come aneddoto, ricordo, nei viaggi che all'epoca già si facevano, la ricerca spasmodica per il programma di musica americana, di prodotti originali o quelli che si chiamavano i bootleg, cioè le edizioni limitate o a edizioni ridotta  o circoscritte ad un certo episodio che gli artisti realizzavano, magari anche per avere dei pezzi un po' più particolari o esclusivi da proporre, e ricordo che in quell'epoca ebbi appunto la fortuna di fare un lungo viaggio negli USA, di quattro mesi, ed una parte di questo viaggio lo dedicavo, quando sbarcavo in una città, a cercare i negozi di musica più forniti per portare a casa dischi originali e particolari. Una volta mi è capitato di celebrare, in trasmissione, un album che io non conoscevo, che io non avevo mai sentito, con dei pezzi, anche per come me li avevano presentati, che mi sembravano inediti, originali e poi scopro, in una delle tante discoteche o negozi di dischi di Parma, che invece era già in quarta edizione in Italia e che era stato realizzato e distribuito per l'Europa, ma non negli Stati Uniti, dove in effetti era appena uscito: mi sono vergognato di questa mia ignoranza, perché mi mancava proprio, mi era sfuggito. Un acquisto di cui ero molto soddisfatto, ma che invece era, da molto prima del mio viaggio negli Stati Uniti, già circuitato nel nostro Paese: è stata una mia mancanza, una lacuna formativa...”

Vuoi aggiungere qualcosa che non ti ho chiesto?

“Sono molto lusingato che qualcuno si ricordi, a distanza di tanto tempo, che ho lavorato a Radio Parma: aggiungo che ringrazio di questa intervista. I ricordi sono molto positivi: è stata una chiacchierata piacevole.”

Gabriele Majo / 05.03.2010

 

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